Rito contra silentium e sopravvenienza di un provvedimento esplicito
1. L’adozione di un provvedimento esplicito (anche non satisfattivo dell’interesse fatto valere) in risposta all’istanza dell’interessato, rende il ricorso inammissibile per carenza originaria dell’interesse ad agire, se il provvedimento interviene prima della proposizione del ricorso. Ciò in quanto il privato ha ottenuto il risultato al quale mira il giudizio, ossia il superamento della situazione di inerzia procedimentale e di violazione/elusione dell’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro i termini all’uopo previsti; nel caso in cui il provvedimento sopravvenuto sia ritenuto illegittimo, il soggetto interessato è tutelato dalla normativa in materia che consente di proporre contro di esso una nuova impugnazione, anche ex art. 117 c.p.a., con motivi aggiunti. E’ noto che la funzione dell’azione giurisdizionale avverso il silenzio inadempimento, per come codificata agli artt. 31 e 117 del D.Lgs. n. 104/2010, è quella di ottenere l’accertamento dell’obbligo della pubblica amministrazione di provvedere sull’istanza del privato. Una volta che, nel corso del giudizio è sopravvenuto il provvedimento esplicito dell’Amministrazione, l’accertamento giurisdizionale non può estendersi alla legittimità del provvedimento adottato dall’Amministrazione in considerazione della specialità della tutela giurisdizionale e dei poteri accordati al Giudice amministrativo in materia di inerzia dell’Amministrazione.
2. E’ inammissibile l’intervento ad adiuvandum proposto dal soggetto che sia titolato alla presentazione di un ricorso giurisdizionale in via principale, considerato che in tale ipotesi l’interveniente fa valere un interesse proprio e autonomo all’impugnazione di provvedimenti suscettibili di risultare immediatamente lesivi. Si è, infatti, affermato che nell’intervento ad adiuvandum nel giudizio amministrativo la relativa iniziativa processuale deve essere espressione di un interesse (a seconda delle formulazioni lessicali) connesso, derivato, dipendente o almeno accessorio o riflesso rispetto a quello proprio della parte principale.
Avv. Giovanni Dato
N. 00146/2016 REG.PROV.COLL.
N. 01598/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1598 del 2015, proposto da:
Elisabetta Ferrara, rappresentato e difeso dall’avv. Luisa Galli, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;
contro
Comune di Piove di Sacco, rappresentato e difeso dall’avv. Giuliano Neri, con domicilio eletto presso Roberta Bognolo in Venezia, San Marco, 4325;
nei confronti di
Li.Bo Snc di Lionello Tobia, rappresentato e difeso dagli avv. Carlo Mongiat, Davide Volpe, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;
e con l’intervento di
ad adiuvandum:
Vallì Pezzolato, rappresentato e difeso dall’avv. Luisa Galli, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Veneto in Venezia, Cannaregio 2277/2278;
per l’accertamento
dell’illegittimità del silenzio serbato sulla istanza del l’08/07/2015 diretta a sollecitare un intervento in autotutela sulla Scia depositata da parte della Società Li.Bo. s.n.c. relativa all’inizio dell’attività, per subingresso, di somministrazione di alimenti e bevande presso i locali denominati “American Bar”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Piove di Sacco e di Li.Bo Snc di Lionello Tobia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 31 e 117 c.p.a.
Relatore nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2016 il dott. Giovanni Ricchiuto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il presente ricorso la Sig.ra Elisabetta Ferrara ha richiesto a questo Tribunale l’accertamento dell’inerzia del Comune di Piove di Sacco, asseritamente posta in essere a seguito dell’istanza della stessa ricorrente presentata in data 08/07/2015 e diretta a sollecitare un intervento in autotutela sulla Scia depositata da parte della Società Li.Bo. s.n.c. relativa all’inizio dell’attività, per subingresso, di somministrazione di alimenti e bevande presso i locali denominati “American Bar”.
Detta istanza veniva presentata ritenendo che l’attività dell’esercizio “American Bar” fosse posta in essere in difformità al dato reale della valutazione previsionale di impatto acustico allegata alla Scia sopra citata.
In particolare la Sig.ra Ferrara lamentava il superamento dei limiti sonori imposti dalla normativa regolamentare del Comune, nonché il mancato rispetto dei limiti orari, tanto nel corso dell’anno che nel periodo di svolgimento del programma estivo “isola pedonale 2015”, per la partecipazione al quale l’American Bar aveva presentato apposita Scia.
Nel ritenere illegittimo il silenzio così posto in essere si rilevava l’esistenza dei seguenti vizi:
1.la violazione degli artt. 19 e 21 nonies della L. n. 241/90, in quanto il Comune non avrebbe svolto nessuna indagine sull’esistenza dei requisiti e dei presupposti per l’esercizio dell’attività segnalata;
2. la violazione dell’art. 6 della L. 447/95 e dell’art. 12 comma 2 del Regolamento comunale per le attività di somministrazione di alimenti e bevande e dell’art. 41 del Regolamento per la tutela dell’inquinamento acustico di Piove di Sacco.
Si costituiva il Comune di Piove di Sacco evidenziando di aver provveduto, e con nota prot. n. 31014 del 15 ottobre 2015, a dare un espresso riscontro alla ricorrente, rigettando l’istanza in considerazione dell’avvenuto decorso del termine entro i quali avrebbero potuto essere esercitati i poteri inibitori da parte dello stesso Comune, risultando decorsi sessanta giorni dal proponimento della Segnalazione certificata di attività.
Sempre l’Amministrazione comunale sosteneva l’inammissibilità del ricorso, in considerazione della mancanza di interesse della Sig.ra Ferrara, in quanto quest’ultima non risulterebbe convivente con la madre nei locali che si trovano immediatamente sopra l’attività gestita dalla società controinteressata.
Si costituiva, altresì, la società LI.BO. snc, in qualità di controinteressata, eccependo l’inammissibilità, sotto vari profili, del ricorso e concludendo per il rigetto dello stesso in quanto infondato.
Con atto di intervento adadiuvandum si costituiva la Sig.ra Valli Pezzolato, chiedendo l’accoglimento delle richieste della ricorrente.
In questo senso e all’udienza del 28 Gennaio 2016 il ricorso veniva trattenuto per la decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile e va respinto, non risultando esistente il comportamento inerte imputato all’Amministrazione comunale.
1.1 Come sopra anticipato la ricorrente, con nota dell’08/07/2015 aveva presentato un’istanza di autotutela, denunciando la non conformità rispetto al dato reale della valutazione previsionale di impatto acustico allegata alla Scia, poiché riguardante una precedente attività diversa da quella esercitata.
1.2 Sempre la Sig.ra Ferrara lamentava, inoltre, così peraltro già sostenuto in precedenza, il superamento dei limiti sonori imposti dalla normativa regolamentare del Comune di Piove di Sacco, nonché il mancato rispetto dei limiti orari di apertura.
1.3 Sul punto è dirimente constatare come il Comune, con nota prot. n. 31014 del 15 ottobre 2015, avesse espressamente rigettato l’istanza, evidenziando come a seguito del decorrere dei sessanta giorni dalla presentazioni della Scia erano venuti meno i poteri inibitori,propri della stessa Amministrazione.
1.4 Si consideri che, a seguito di precedenti esposti presentati dalla ricorrente per la rumorosità delle attività “American Bar”, il Comune aveva dato un riscontro a detti solleciti, con irrogazione anche di sanzioni pecuniarie per la violazione dei limiti orari prescritti e, nel contempo, richiedendo all’Arpav di effettuare un monitoraggio fonometrico presso l’abitazione della madre.
1.5 Infatti, con nota del 24 Giugno 2015 il Comune aveva comunicato alla ricorrente di aver richiesto l’intervento dell’Arpav in considerazione del fatto che risultava di competenza di quest’ultima il rispetto dei limiti di emissione acustica previsti dalla normativa in materia.
1.6 In presenza di un provvedimento espresso con il quale si è dato riscontro all’istanza di autotutela è evidente che, laddove la ricorrente avesse ritenuto erronee le argomentazioni alla base del provvedimento di rigetto sopra citato, avrebbe dovuto procedere all’impugnazione di quest’ultimo, eventualmente sostenendo in quella sede il venire in essere dell’esistenza di una violazione dei poteri di vigilanza e di controllo sul territorio da parte dell’Amministrazione comunale o, più in generale, l’illegittimità del comportamento che aveva portato al consolidamento della Scia sopra citata.
1.7 Va, infatti, ricordato che secondo un orientamento giurisprudenziale fatto proprio anche da questo Tribunale “l’adozione di un provvedimento esplicito (anche non satisfattivo dell’interesse fatto valere) in risposta all’istanza dell’interessato, rende il ricorso inammissibile per carenza originaria dell’interesse ad agire, se il provvedimento interviene prima della proposizione del ricorso. Ciò in quanto il privato ha ottenuto il risultato al quale mira il giudizio, ossia il superamento della situazione di inerzia procedimentale e di violazione/elusione dell’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro i termini all’uopo previsti; nel caso in cui il provvedimento sopravvenuto sia ritenuto illegittimo, il soggetto interessato è tutelato dalla normativa in materia che consente di proporre contro di esso una nuova impugnazione, anche ex art. 117 c.p.a., con motivi aggiunti” (Cons. Stato, Sez. VI, 17 gennaio 2014, n. 233 e T.A.R. Veneto, Sez. III, 7 maggio 2015, n. 492).
1.8 E’ parimenti noto (Cons. Stato Sez. III, 06-02-2015, n. 613) che la funzione dell’azione giurisdizionale avverso il silenzio inadempimento, per come codificata agli artt. 31 e 117 D.Lgs. n. 104/2010, è quella di ottenere l’accertamento dell’obbligo della pubblica amministrazione di provvedere sull’istanza del privato.
1.9 Una volta che, nel corso del giudizio è sopravvenuto il provvedimento esplicito dell’Amministrazione, l’accertamento giurisdizionale non può estendersi alla legittimità del provvedimento adottato dall’Amministrazione in considerazione della specialità della tutela giurisdizionale e dei poteri accordati al Giudice amministrativo in materia di inerzia dell’Amministrazione.
2. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso proposto dalla Sig.ra Ferrara, inammissibilità che si estende anche all’intervento proposto dalla Sig.ra Pizzolato e, ciò, in considerazione del fatto che l’intervento dipendente segue la sorte del ricorso principale (Cons. Stato Sez. IV, 08-09-1987, n. 533).
2.1 Pur considerando assorbente quanto sopra evidenziato va rilevato, accogliendo sul punto un’eccezione dell’Amministrazione ora costituita, che l’inammissibilità dell’intervento ad adiuvandum è riconducibile, altresì, alla natura della posizione giuridica azionata.
2.2 Nell’atto di intervento, adesivo dipendente, la Signora Pezzolato, ha specificato di risiedere in via Barchette n. 10 con il figlio, Sig. Luca Ferrara, e con la figlia, Sig.ra Elisabetta Ferrara, quest’ultima attuale ricorrente.
2.3 E’ allora evidente che la Sig.ra Pezzolato (in quanto residente nell’immediata prossimità dell’esercizio “American Bar”) è titolare, non già di un interesse di fatto collegato e dipendente alla posizione giuridica dedotta dalla Sig.ra. Ferrara, bensì di una posizione soggettiva autonoma, in quanto del tutto coincidente con quella della figlia, ricorrente in via principale, in quanto anch’essa lesa dal comportamento asseritamente inerte del Comune.
2.4 Ne consegue come sul punto sia possibile applicare un costante orientamento giurisprudenziale (Cons. Stato Sez. V, 28-09-2015, n. 4509, Cons. Stato Sez. VI, 21-06-2012, n. 3647 e T.A.R. Campania Napoli Sez. I, 27-02-2004, n. 2454) nella parte in cui ha sancito che è inammissibile l’intervento ad adiuvandum proposto dal soggetto che sia titolato alla presentazione di un ricorso giurisdizionale in via principale, considerato che in tale ipotesi l’interveniente fa valere un interesse proprio e autonomo all’impugnazione di provvedimenti suscettibili di risultare immediatamente lesivi.
2.5 Si è, infatti, affermato che nell’intervento ad adiuvandum nel giudizio amministrativo la relativa iniziativa processuale deve essere espressione di un interesse (a seconda delle formulazioni lessicali) connesso, derivato, dipendente o almeno accessorio o riflesso rispetto a quello proprio della parte principale (T.a.r. Puglia, Lecce, sez. I, n. 677/2015).
2.6 Ne consegue l’inammissibilità anche dell’atto di intervento ad adiuvandum per le ragioni sopra citate.
2.7 Il ricorso principale, unitamente all’atto di intervento, pertanto, è inammissibile e va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza)definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile nei termini di cui in parte motiva.
Condanna la parte ricorrente e l’interveniente ad adiuvandum, in solido tra loro, al pagamento di Euro 1.500,00 (millecinquecento//00) nei confronti sia del Comune di Piove di Sacco sia nei confronti della società LI.BO. snc, per complessivi Euro 3.000,00 (tremila//00) oltre iva e cpa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2016 con l’intervento dei magistrati:
Oria Settesoldi, Presidente
Riccardo Savoia, Consigliere
Giovanni Ricchiuto, Referendario, Estensore
L’ESTENSORE
IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/02/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)