di Luca Bevilacqua

Questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 6 ter Legge 241/90

SCIA – Tutela dei terzi  – Necessità per il terzo che si ritenga leso di sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti dall’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione ex. art. 31, commi 1,2,3, C.P.A.  – Questione di legittimità costituzionale – Non manifesta infondatezza.

Con sentenza non definitiva n. 12/2019 il TAR Emilia Romagna – Sezione staccata di Parma ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’art. 19 co. 6 ter della Legge n. 241 del 1990 per violazione degli artt. 3, 24, 103 e 113 della Costituzione, nella parte in cui consente ai terzi lesi da una SCIA edilizia illegittima di esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31 commi 1, 2 e  3 del decreto legislativo 2 luglio 2010 n.104 (ovvero l’azione avverso il silenzio della PA), e ciò soltanto dopo avere sollecitato l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione.

Secondo Il TAR Emilia Romagna, infatti, a seguito dell’istanza sollecitatoria del terzo che si ritenga leso da un intervento edilizio, la PA – laddove, come normalmente accade, sia trascorso il termine di 30 giorni dall’invio della segnalazione da parte del privato – ha esaurito la possibilità di utilizzare i propri poteri inibitori di natura vincolata, e può attivare solo il potere di autotutela cui fa riferimento l’art. 19, comma 4 della legge 241/90.

Essendo il potere di autotutela di natura discrezionale e soggetto ai limiti previsti dall’art. 21 nonies  della Legge 241/90, nel giudizio conseguente al silenzio o al rifiuto della pubblica amministrazione, il giudice amministrativo  non potrebbe che limitarsi ad una mera declaratoria dell’obbligo di provvedere, senza potere predeterminare il contenuto del provvedimento da adottare.

Di conseguenza il terzo non potrebbe mai ottenere una pronuncia che impedisca lo svolgimento di un’attività illegittima mediante un precetto giudiziale puntuale e vincolante, ma dovrebbe sempre soggiacere al  potere discrezionale da parte della PA.

Secondo il TAR, dunque, per una tutela piena ed effettiva della loro posizione giuridica, i terzi interessati dovrebbero avere la possibilità di azionare gli ordinari rimedi giurisdizionali esperibili avverso le iniziative edilizie illecite altrui, qualunque sia la modalità di acquisizione del titolo legittimante, senza essere costretti a dovere richiedere, prima di agire, l’intermediazione dell’autorità giudiziaria pubblica e, senza essere soggetti, dopo avere agito in giudizio – per il mero decorso del tempo concesso all’amministrazione per attivare il potere inibitorio – ai forti limiti di tutela giurisdizionale derivanti dall’intermediazione aleatoria dell’esercizio del potere discrezionale di autotutela.

Da qui la rimessione alla Consulta da parte del TAR Emilia Romagna sezione staccata di Parma della questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 6 ter della Legge 241/90.  (a cura dell’Avv. Luca Bevilacqua).

Normativa di riferimento

(i) Art. 19, comma 6 ter della Legge 7 agosto 1990 n. 241, aggiunto dall’art 6, comma 1 decreto legge n. 138 del 2011 convertito dalla legge n. 148 del 2011 che stabilisce:

“La segnalazione certificata di inizio attività, la denuncia e la dichiarazione di inizio attività non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili. Gli interessati possono sollecitare l’esercizio delle verifiche spettanti all’amministrazione e, in caso di inerzia, esperire esclusivamente l’azione di cui all’art. 31, commi 1,2 e 3 del decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104.”

(ii) Art.31, commi 1,2,3 D.lgs. 2 luglio 2010 n. 104 (Codice del Processo Amministrativo) e successive modificazioni che stabilisce:

“1. Decorsi i termini per la conclusione del procedimento amministrativo e negli altri casi previsti dalla legge, chi vi ha interesse può chiedere l’accertamento dell’obbligo dell’amministrazione di provvedere.

  1. L’azione può essere proposta fintanto che perdura l’inadempimento e, comunque, non oltre un anno dalla scadenza del termine di conclusione del procedimento. E’ fatta salva la riproponibilità dell’istanza di avvio del procedimento ove ne ricorrano i presupposti.
  2. Il giudice può pronunciare sulla fondatezza della pretesa dedotta in giudizio solo quando si tratta di attività vincolata o quando risulta che non residuano ulteriori margini di esercizio della discrezionalità e non sono necessari adempimenti istruttori che debbano essere compiuti dall’amministrazione.

TAR Emilia Romagna – Sede Parma sent 12 del 2019 PDF