di Paolo Cirasa e Chiara Di Maria

Il principio di proporzionalità nella irrogazione delle sanzioni disciplinari

 

Automatismo nell’irrogazione delle sanzioni disciplinari nel pubblico impiego privatizzato – inoperatività del principio di proporzionalità – insussistenza

La valutazione della proporzionalità è coessenziale all’applicazione dell’art. 55 quater del d.lgs. n. 165/2001, dovendo escludersi la configurabilità in astratto di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari e permanendo il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità della sanzione rispetto al fatto addebitato. Tanto si deduce dall’espresso richiamo dell’art. 2106 c.c. contenuto nell’art. 55, secondo comma, del d.lgs. n. 165/2001 e dal riferimento alla giusta causa e al giustificato motivo previsto dall’art. 55 quater, primo comma, d.lgs. cit.

Invero, la valutazione della legittimità del licenziamento disciplinare di un lavoratore per una condotta contemplata fra le ipotesi di licenziamento per giusta causa deve essere effettuata attraverso un accertamento in concreto della reale entità e gravità del comportamento addebitato al dipendente, nonché del rapporto di proporzionalità tra sanzione ed infrazione, anche quando si riscontri l’astratta corrispondenza di quel comportamento alla fattispecie tipizzata contrattualmente, occorrendo sempre che la condotta sanzionata sia riconducibile alla nozione legale di giusta causa, tenendo conto della gravità del comportamento in concreto del lavoratore, anche sotto il profilo soggettivo della colpa o del dolo, con valutazione in senso accentuativo rispetto alla regola della “non scarsa importanza” dettata dall’art. 1455 c.c. (a cura degli Avv.ti Paolo Cirasa e Chiara Di Maria).

 

Normativa di riferimento

 

(i) Art. 55, commi 1 e 2, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 (Responsabilità, infrazioni e sanzioni, procedure conciliative) “1 Le disposizioni del presente articolo e di quelli seguenti, fino all’art. 55-octies, costituiscono norme imperative, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1339 e 1419, secondo comma, del codice civile, e si applicano ai rapporti di lavoro di cui all’articolo 2, comma 2, alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2. La violazione dolosa o colposa delle suddette disposizioni costituisce illecito disciplinare in capo ai dipendenti preposti alla loro applicazione.

2. Ferma la disciplina in materia di responsabilità civile, amministrativa, penale e contabile, ai rapporti di lavoro di cui al comma 1 si applica l’articolo 2106 del codice civile. Salvo quanto previsto dalle disposizioni del presente Capo, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi. La pubblicazione sul sito istituzionale dell’amministrazione del codice disciplinare”.

 

(ii) Art. 2106 codice civile (Sanzioni disciplinari) “L’inosservanza delle disposizioni contenute nei due articoli precedenti può dar luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari, secondo la gravità dell’infrazione”.

 

(iii) Art. 55 quater, commi 1 lett. a) e 3, del d.lgs. 30 marzo 2001 n. 165 (Licenziamento disciplinare): “1. Ferma la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione disciplinare del licenziamento nei seguenti casi:

a) falsa attestazione della presenza in servizio, mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza o con altre modalità fraudolente, ovvero giustificazione dell’assenza dal servizio mediante una certificazione medica falsa o che attesta falsamente uno stato di malattia […]

3. Nei casi di cui al comma 1, lettere a), d), e) ed f), il licenziamento è senza preavviso. Nei casi in cui le condotte punibili con il licenziamento sono accertate in flagranza, si applicano le previsioni dei commi da 3-bis a 3-quinquies”.

 

Commento

 

L’art. 55 quater, primo comma, d.lgs. n. 165/2001 ha introdotto una tipizzazione di fattispecie di illeciti disciplinari per i quali si dispone che “Fermo la disciplina in tema di licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo e salve ulteriori ipotesi previste dal contratto collettivo, si applica comunque la sanzione del licenziamento disciplinare […]”.

La formulazione letterale della norma (“si applica comunque la sanzione del licenziamento disciplinare”) sembrerebbe prevedere l’applicazione in via automatica del licenziamento nelle ipotesi ivi previste, privando la parte datoriale di ogni potere di graduazione della sanzione.

Chiarisce la sentenza in commento, invece, come l’amministrazione conservi sempre il potere-dovere di valutare l’effettiva portata dell’illecito, tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e, quindi, di graduare la sanzione da irrogare, potendo ricorrere a quella espulsiva solamente nell’ipotesi in cui il fatto presenti i caratteri propri del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa di licenziamento.

Come costantemente affermato dalla Corte di Cassazione, (ex plurimis, Cass. Sent. nn. 10842/2016, 1315/2016, 24796/2010 e 26329/2008) ed anche dalla Corte Costituzionale (cfr. C. Cost. sent. nn. 971/1988, 239/1996 e 286/1999), deve escludersi la configurabilità in astratto di qualsivoglia automatismo nell’irrogazione di sanzioni disciplinari, specie laddove queste consistano nella massima sanzione, permanendo il sindacato giurisdizionale sulla proporzionalità della sanzione rispetto al fatto addebitato.

Il Giudice delle leggi, nello specifico, ritiene che la privazione di una valutazione di graduazione della sanzione in riferimento al caso concreto leda i principi di tutela del lavoro (artt. 4 e 35 Cost.), del buon andamento amministrativo (art. 97 Cost.) e quelli fondamentali di ragionevolezza (art. 3 Cost.) (cfr. Corte Cost. Sent. nn. 971/1988, 706/1966 e 170/2015).

La proporzionalità della sanzione disciplinare rispetto ai fatti commessi è, infatti, regola valida per tutto il diritto punitivo (sanzioni penali, amministrative L. n. 689/1981, ex art. 11, etc.), e risulta trasfusa per l’illecito disciplinare nell’art. 2106 c.c., non essendo, in definitiva, possibile introdurre, con legge o con contratto, sanzioni disciplinari automaticamente conseguenti ad illeciti.

I principi sopra richiamati sono stati affermati anche con riguardo all’art. 55 quater dalla Corte di Cassazione che, con decisione n. 1351/2016, ha rilevato come l’art. 2106 c.c. risulti oggetto di implicito richiamo da parte dell’art. 55 quater, comma 2 e che alla giusta causa e al giustificato motivo faccia riferimento il comma 1 della medesima disposizione.

La valutazione del singolo caso, pertanto, deve essere operata con riferimento agli aspetti concreti afferenti alla natura e alla utilità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, al nocumento eventualmente arrecato, alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del loro verificarsi, ai motivi e all’intensità dell’elemento intenzionale o di quello colposo (Cass. Civ. Sez. Lav. nn. 1977/2016, 1351/2016, 12059/2015, 25608/2014).

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